Walter Madoi (1925-1976) nasce a Collecchio nel 1925 e studia all’Istituto d’Arte di Parma, frequentando poi le Accademie di Arte di Bologna e Brera. Durante la guerra, appena diciottenne, partecipa alla lotta di liberazione nelle Brigate Partigiane. Al termine, nel 1945, affresca la volta dell’anticamera del Sindaco del Municipio di Parma e si trasferisce a Milano insegnando educazione artistica. Lavora come pubblicitario nel settore industriale. Dagli anni ’60 comincia a frequentare l’Alta Val Parma e in particolare il minuscolo borgo di Sesta Inferiore dove affresca le pareti della Chiesa di S. Rocco con una drammatica Crocifissione e i muri esterni delle case, costituendo una sorta di museo all’aperto. Continua a lavorare con uno studio a Parma e uno a Milano realizzando sia opere di scultura che di affresco e di pittura in varie parti d’Italia. In particolare a Parma sono noti il grande affresco realizzato nell’abside della chiesa di Corpus Domini (1966) e le vetrate del Collegio delle Maestre Luigine. Ancora un’abside affrescata è quella della chiesa di Costa S. Abramo di Cremona. Inoltre il monumento alla resistenza di S. Donato Mianese e altre opere scultoree. Si spegne prematuramente nel marzo del 1976 e riposa nel cimitero di Sesta Inferiore. Fra le numerose mostre postume si ricorda quella di Parma del marzo-aprile 2002 (Galleria San Ludovico), con la donazione di 53 opere dell’artista alla città di Parma da parte degli eredi e quella del 2007, presso la Pinacoteca Stuard, che presenta i cartoni e il plastico preparatorio del monumento destinato a P.zza Rossetti a Genova che il pittore-scultore non fece in tempo a realizzare.
L’opera è stata donata alla Parrocchia nel 2005 da parte della famiglia Zanda e collocata accanto all’Annuncio della Resurrezione di Serena Nono. È di alcuni anni successiva all’affresco di Sesta e a quello del Corpus Domini. Descrive la deposizione del corpo di Cristo dalla croce dopo la sua morte e alla presenza della Madre (che ricorda molto quella del film sulla Passione di Pier Paolo Pasolini). Così descrive gli avvenimenti Luca (23, 50-53): «Ed ecco, vi era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, buono e giusto. Egli non aveva aderito alla decisione e all’operato degli altri. Era di Arimatea, una città della Giudea, e aspettava il regno di Dio. Egli si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo depose dalla croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato sepolto.» Nella scena di Madoi la drammaticità e l’angoscia per la morte violenta del Maestro è affidata, oltre che alla cupezza del cielo in contrasto col biancore del corpo nudo di Gesù, all’espressione di Giovanni d’Arimatea che sorregge il corpo davanti a Maria in un’inedita Pietà. Si tratta sicuramente di un quadro maturo del pittore-scultore che, dopo diverse altre prove sulle scene della crocifissione e del dolore/sacrificio di sé (comprese quelle dei giovani partigiani), porta ad una estrema compassione rappresentata dal volto della Madre.
L’opera viene collocata nel contesto del racconto dell’ultima cena, della passione, della sepoltura, fino all’annuncio della risurrezione: quindi di tutti i passaggi chiave del ciclo pasquale e della settimana santa che è al centro dell’anno liturgico, ma che, al contempo, viene costantemente ripresa nella celebrazione domenicale. Insieme con le altre opere della Nono, essa racchiude la figura del Grande Crocifisso, portandolo dentro ad un flusso narrativo che permette di essere continuamente richiamato e attualizzato nella liturgia eucaristica e non solo.
Nella chiesa grande, sulla parete a destra del presbiterio, collocata accanto all’Annuncio della Resurrezione di Serena Nono. Le due opere sono simmetriche a quelle della parete di sinistra che presentano l’Ultima Cena e la Lavanda dei piedi per opera ancora della Nono.