Trasfigurazione Parma











Titolo dell’opera

Scala “Libertà di Parola” (2007)


Autore

Franco Del Zotto Odorico nasce a Codroipo (UD) nel 1960. Si diploma in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia e in restauro presso la Scuola di Villa Manin a Passariano. È autore di articoli, saggi e corsi su temi di restauro, storia dell’arte, conservazione dei beni artistici e culturali. La sua attività artistica da tempo unisce pittura, scultura, fotografia, installazioni usando tecniche varie e miste. Fra i vari interventi si annoverano installazioni ispirate ai versi di Pier Paolo Pasolini e padre David Maria Turoldo. Molto significative, nel suo percorso artistico, le opere eseguite per la Chiesa della Trasfigurazione di Parma che comprendono l’Albero della Trasfigurazione, la Scala posta nella Chiesa e un grande pannello inserito nella Cappella feriale. Oltre a varie mostre in Italia e all’estero, da tempo si occupa di realizzare opere di arredo urbano, quali sculture, fontane, facciate di poli culturali e così via. Continua la sua attività nella cittadina natale.

Descrizione e profilo artistico
La scala che unisce il piano dell’aula assembleare con il soppalco costituisce una struttura che supera di getto il suo ruolo funzionale in virtù della sua forma irregolare, spiraliforme, “attorcigliata su se stessa” (Meneghetti in Del Zotto Odorico, 2008) fino ad arrivare ad un culmine che si protende sull’assemblea. «La scala è incurvata (continuamente). Essa sembra quasi allargarsi (ad espandersi in linea orizzontale). La scala non dà l’impressione (assai più funzionale) di far risalire il proprio camminatore. Per converso, così ogni ascesa ci pare “facilitata”. Ciò vale perché qui l’inclinazione è molto …“dolce”. […] Essa mostra qualche “pianerottolo”, e (soprattutto) la sua pedata è molto più allungata, rispetto alla coeva alzata.» (id., p. 20). I parapetti della scala sono di cristallo trasparente (con dei corrimani che li contornano), ma fortemente sfalsati e a volte sovrapposti fra loro. L’asimmetria e l’irregolarità dominano il registro visivo pur senza cancellare la sua ascensionalità che la porta a dialogare e interfacciarsi con la struttura dell’Albero.
Ancora una volta (come si è detto per la Grande Croce, il Pellegrino e l’Albero) vi è una forte tensione contestuale e relazionale nelle opere poste nella Chiesa della Trasfigurazione, per cui non è sufficiente una lettura a se stante, ma piuttosto una dialogante e di sguardo reciproco. Come osserva l’autore Del Zotto: «Chi sale la scala (e non a caso uso il termine salire, perché è una scala fatta per salire e non per scendere) ha un senso di sospensione, di dubbio, di incertezza, determinato dal modo formalmente decostruttivo con il quale è stata realizzata. Chi sta per salire ha l’impressione che sotto i suoi piedi tutto stia crollando. Tali percezioni rappresentano i dubbi e le contraddizioni della nostra vita quotidiana. Tali paure scompaiono dopo aver appoggiato il primo piede sul “foglio di parole”. In questo istante tutto diventa facile e la dimensione di estraneità, che si prova inizialmente va scomparendo, e ti sembra di essere in un luogo già conosciuto e calpestato da tempo.» Dunque si tratta di una scala che evoca una dimensione fenomenologica dell’umano, già sintetizzata e resa in modo drammatico nella struttura dell’Albero.
La matericità del ferro assume tonalità brunite e terrose grazie ad una “epidermide” segnica che avvolge tutta la struttura. Essa pare evocare una natura terrestre sospesa tra humus e umana scrittura, tra fango da costruzione e significato che il faber vi attribuisce. Infatti l’autore scrive: «… non sono state usate la violenza e l’aggressività delle variazioni cromatiche (sicuramente molto più immediate nel coinvolgere il fruitore), ma una traccia fatta “di-segno”, che diventa parola dell’anima interiore dell’essere umano, la quale trasuda dal ferro quasi in bianco e nero, mentre quest’ultimo diventa simbolo della materia terra. Terra come fango, come acqua, come albero, come ossigeno; terra come vita, come “natura”, mentre la scrittura diventa simbolo dell’uomo.» (Del Zotto Odorico, 2008, p. 46).
La scala, come detto, è altresì un “foglio di parole” che riporta lo scritto del filosofo Martin Heidegger su “L’origine dell’opera d’arte” contenuto nel libro Sentieri interrotti (1968). Tale scritto, tra l’altro, afferma: «La Terra destina al fallimento ogni tentativo di penetrare in essa e condanna al fallimento ogni indiscrezione calcolatrice. Quest’ultima potrà assumere l’apparenza del dominio e del progresso sotto forma di oggettivazione tecnico-scientifica della natura, ma tale dominio non è che un’impotenza della volontà. Aperta e illuminata in se stessa, la Terra appare soltanto se è garantita e conservata come la essenzialmente indischiudibile, sottraentesi ad ogni dischiudimento e mantenentesi in un costante rifiuto. Tutte le cose della Terra, essa stessa nel suo tutto, scorrono in un reciproco accordo.» Queste parole assumono nuove ed epocale rilevanza in un tempo come il nostro dove la salvezza del Creato e del Vivente è strettamente intrecciata con la sopravvivenza dell’umano. Il senso di questa scelta è così spiegato da Del Zotto: «Le parole su cui cammini sono un dialogo a tre: tra ragione (del filosofo), il sapere dotto e certificato (del teologo) e l’irrazionale pensare di una persona (l’artista), la quale incarna l’emotività o meglio l’apparente fragilità della forma poetica. Questi scritti non ti sospendono nel vuoto, ma ti danno una certezza.» (ib., 45-46) I riferimenti scelti dall’autore sono appunto il testo di Heidegger e lo studio di Valenziano sull’oro nel contesto liturgico (1995) che si intrecciano con l’installazione materica dell’artista: «Tutto si unisce in un’unica parola, non ci sono né scontri né dialoghi sparati (fra sordi), ma l’opera d’arte è un unicum che fa da pretesto per urlare (come nel primo Novecento): “Basta, voglio sperare in una verità”». Questo accenno al primo Novecento si riferisce alle correnti artistiche che hanno ispirato l’autore e il titolo dell’opera, ossia “Libertà di parola”, che per prime hanno avviato l’uso della scrittura come segno-scultura, ossia il Futurismo, e in particolare Marinetti che inaugura la poetica dei “pensieri in libertà”, ma anche il Dadaismo, critico del senso comune positivista e tradizionalista, e la corrente della “poesia visiva”.

Profilo liturgico
Scrive don Pino nel testo preparato in occasione dell’inaugurazione della scala: «Tu che entri in questo spazio a celebrare, pensi di adottare parole e gesti come cose, oppure, celebrando, avverti che le tue parole e i tuoi gesti sono abitati da qualcos’altro, che alludono a qualcos’altro, che fremono di qualcos’altro? Questa domanda è simile a quella scolpita da Franco Del Zotto Odorico sulla scala che conclude il programma iconografico della nostra chiesa.» (Del Zotto, 2008, p. 6). La scala, come detto, viene ad abbracciare l’albero e a definire la soglia, segnata dalla vasca battesimale, da cui prendono avvio le celebrazioni liturgiche domenicali, i riti battesimali nonché le celebrazioni della Settimana Santa: “Agli albori della nostra vita, noi siamo stati celebrati nel nome del Padre, del Figlio e della Spirito Santo…» Rispetto ad altri simboli forti e assiali presenti nella sala assembleare, la scala sembra emanare una voce più discreta, misteriosa, che solo con un’attenzione e uno scavo più approfondito si possono cogliere. Al contempo essa trascende nettamente la banalità del funzionale aprendo alla meraviglia, all’inedito, ad una visione “dall’alto” che si protende verso l’Albero, verso il Crocifissorisorto, verso l’Assemblea riunita, colta come insieme, come “tutto”, come voce avvolgente e piena. Dunque la scala viene a completare, a racchiudere, a proiettare oltre verso quel “Sospeso Silenzio” musicato dal M° Roberto Bonati ed eseguito in occasione dell’inaugurazione (17.02.2008).

Collocazione
Nella chiesa grande a sinistra dell’entrata della Sala assembleare. Dà l’accesso al soppalco. Una sua penisola, a forma di prora di nave, si protende verso l’Albero e il Fonte battesimale creando una posizione elevata da cui proclamare e cantare in alcuni momenti liturgici forti dell’anno.

Eventi collegati
Valenziano C., De Auro, conferenza del 06.08.1995, riprodotta in Del Zotto Odorico F., a cura, 1996.
Parrocchia della Trasfigurazione, Inaugurazione Albero, simbolo della dedicazione della chiesa, 3 marzo 1996.
Don Pino Setti, Gli Ori della Trasfigurazione, Dal Tempio al Corpo, 25° della Trasfigurazione, 2006.
Parrocchia della Trasfigurazione, Inaugurazione dell’opera-scala “Libertà di Parola” di Franco del Zotto Odorico, con esecuzione dell’Opera jazz di Roberto Bonati: “Un sospeso sienzio …appunti dedicati a Pier Paolo Pasolini”, 17 febbraio 2008.
Rizzi A., Quale soglia è per l’uomo d’oggi il fonte battesimale?, Parrocchia della Trasfigurazione, 26 gennaio 2009.
Parrocchia della Trasfigurazione, 30 anni di Trasfigurazione (1981-2011), presentazione opere e ambienti del 4 marzo 2012.

Fonti e bibliografia
Del Zotto Odorico F., a cura, Gli Ori della Trasfigurazione: L’Albero, Parrocchia della Trasfigurazione, Parma (scritti di F. Bododi, N. Borgo, F. Del Zotto, A. Rizzi, P. Setti, T. Tosolini, C. Valenziano), 1996.
Del Zotto Odorico F., a cura, Libertà di Parola: metamorfosi di una scala, Parrocchia della Trasfigurazione, Parma (scritti di F. Del Zotto, V. Fedrigo, M. Lazzarato, P. Meneghetti, P. Setti), 2008.
Heidegger M., Sentieri interrotti, La Nuova Italia, Firenze, 1968.
Heidegger M., L'origine dell'opera d'arte, Marinotti, Milano, 2000.
Hillesum E., Diario 1941-1943, Adelphi, 1985.
Hillesum E., Lettere 1942-1943, Adelphi, 1990.
Meneghetti P., Albero della Trasfigurazione, http://www.francodelzotto.it/2017/11/14/albero-della- trasfigurazione-2006/
Sito di Franco Del Zotto Odorico: http://www.francodelzotto.it/
Parrocchia della Trasfigurazione, Un albero per celebrare-Una scala per celebrare, s.d. (interventi di P. Setti, F. Del Zotto, T. Tosolini, G. G. Rotelli, S. Reggiani, F. Franceschi, alcuni parrocchiani).
Parrocchia della Trasfigurazione, Pubblicazioni autoprodotte.