Franco Del Zotto Odorico nasce a Codroipo (UD) nel 1960. Si diploma in pittura presso l’Accademia di
Belle Arti di Venezia e in restauro presso la Scuola di Villa Manin a Passariano. È autore di articoli,
saggi e corsi su temi di restauro, storia dell’arte, conservazione dei beni artistici e culturali. La sua
attività artistica da tempo unisce pittura, scultura, fotografia, installazioni usando tecniche varie e
miste. Fra i vari interventi si annoverano installazioni ispirate ai versi di Pier Paolo Pasolini e padre
David Maria Turoldo. Molto significative, nel suo percorso artistico, le opere eseguite per la Chiesa
della Trasfigurazione di Parma che comprendono l’Albero della Trasfigurazione, la Scala posta nella
Chiesa e un grande pannello inserito nella Cappella feriale. Oltre a varie mostre in Italia e all’estero,
da tempo si occupa di realizzare opere di arredo urbano, quali sculture, fontane, facciate di poli
culturali e così via. Continua la sua attività nella cittadina natale.
Descrizione e profilo artistico
La scala che unisce il piano dell’aula assembleare con il soppalco costituisce una struttura che supera
di getto il suo ruolo funzionale in virtù della sua forma irregolare, spiraliforme, “attorcigliata su se
stessa” (Meneghetti in Del Zotto Odorico, 2008) fino ad arrivare ad un culmine che si protende
sull’assemblea. «La scala è incurvata (continuamente). Essa sembra quasi allargarsi (ad espandersi in
linea orizzontale). La scala non dà l’impressione (assai più funzionale) di far risalire il proprio
camminatore. Per converso, così ogni ascesa ci pare “facilitata”. Ciò vale perché qui l’inclinazione è
molto …“dolce”. […] Essa mostra qualche “pianerottolo”, e (soprattutto) la sua pedata è molto più
allungata, rispetto alla coeva alzata.» (id., p. 20). I parapetti della scala sono di cristallo trasparente
(con dei corrimani che li contornano), ma fortemente sfalsati e a volte sovrapposti fra loro.
L’asimmetria e l’irregolarità dominano il registro visivo pur senza cancellare la sua ascensionalità che
la porta a dialogare e interfacciarsi con la struttura dell’Albero.
Ancora una volta (come si è detto per la Grande Croce, il Pellegrino e l’Albero) vi è una forte tensione
contestuale e relazionale nelle opere poste nella Chiesa della Trasfigurazione, per cui non è
sufficiente una lettura a se stante, ma piuttosto una dialogante e di sguardo reciproco. Come osserva
l’autore Del Zotto: «Chi sale la scala (e non a caso uso il termine salire, perché è una scala fatta per
salire e non per scendere) ha un senso di sospensione, di dubbio, di incertezza, determinato dal
modo formalmente decostruttivo con il quale è stata realizzata. Chi sta per salire ha l’impressione
che sotto i suoi piedi tutto stia crollando. Tali percezioni rappresentano i dubbi e le contraddizioni
della nostra vita quotidiana. Tali paure scompaiono dopo aver appoggiato il primo piede sul “foglio di
parole”. In questo istante tutto diventa facile e la dimensione di estraneità, che si prova inizialmente
va scomparendo, e ti sembra di essere in un luogo già conosciuto e calpestato da tempo.» Dunque si
tratta di una scala che evoca una dimensione fenomenologica dell’umano, già sintetizzata e resa in
modo drammatico nella struttura dell’Albero.
La matericità del ferro assume tonalità brunite e terrose grazie ad una “epidermide” segnica che
avvolge tutta la struttura. Essa pare evocare una natura terrestre sospesa tra humus e umana
scrittura, tra fango da costruzione e significato che il faber vi attribuisce. Infatti l’autore scrive: «…
non sono state usate la violenza e l’aggressività delle variazioni cromatiche (sicuramente molto più
immediate nel coinvolgere il fruitore), ma una traccia fatta “di-segno”, che diventa parola dell’anima
interiore dell’essere umano, la quale trasuda dal ferro quasi in bianco e nero, mentre quest’ultimo
diventa simbolo della materia terra. Terra come fango, come acqua, come albero, come ossigeno;
terra come vita, come “natura”, mentre la scrittura diventa simbolo dell’uomo.» (Del Zotto Odorico,
2008, p. 46).
La scala, come detto, è altresì un “foglio di parole” che riporta lo scritto del filosofo Martin Heidegger
su “L’origine dell’opera d’arte” contenuto nel libro Sentieri interrotti (1968). Tale scritto, tra l’altro,
afferma: «La Terra destina al fallimento ogni tentativo di penetrare in essa e condanna al fallimento
ogni indiscrezione calcolatrice. Quest’ultima potrà assumere l’apparenza del dominio e del progresso
sotto forma di oggettivazione tecnico-scientifica della natura, ma tale dominio non è che
un’impotenza della volontà. Aperta e illuminata in se stessa, la Terra appare soltanto se è garantita e
conservata come la essenzialmente indischiudibile, sottraentesi ad ogni dischiudimento e
mantenentesi in un costante rifiuto. Tutte le cose della Terra, essa stessa nel suo tutto, scorrono in
un reciproco accordo.» Queste parole assumono nuove ed epocale rilevanza in un tempo come il
nostro dove la salvezza del Creato e del Vivente è strettamente intrecciata con la sopravvivenza
dell’umano. Il senso di questa scelta è così spiegato da Del Zotto: «Le parole su cui cammini sono un
dialogo a tre: tra ragione (del filosofo), il sapere dotto e certificato (del teologo) e l’irrazionale
pensare di una persona (l’artista), la quale incarna l’emotività o meglio l’apparente fragilità della
forma poetica. Questi scritti non ti sospendono nel vuoto, ma ti danno una certezza.» (ib., 45-46) I
riferimenti scelti dall’autore sono appunto il testo di Heidegger e lo studio di Valenziano sull’oro nel
contesto liturgico (1995) che si intrecciano con l’installazione materica dell’artista: «Tutto si unisce in
un’unica parola, non ci sono né scontri né dialoghi sparati (fra sordi), ma l’opera d’arte è un unicum
che fa da pretesto per urlare (come nel primo Novecento): “Basta, voglio sperare in una verità”».
Questo accenno al primo Novecento si riferisce alle correnti artistiche che hanno ispirato l’autore e il
titolo dell’opera, ossia “Libertà di parola”, che per prime hanno avviato l’uso della scrittura come
segno-scultura, ossia il Futurismo, e in particolare Marinetti che inaugura la poetica dei “pensieri in
libertà”, ma anche il Dadaismo, critico del senso comune positivista e tradizionalista, e la corrente
della “poesia visiva”.
Profilo liturgico
Scrive don Pino nel testo preparato in occasione dell’inaugurazione della scala: «Tu che entri in
questo spazio a celebrare, pensi di adottare parole e gesti come cose, oppure, celebrando, avverti
che le tue parole e i tuoi gesti sono abitati da qualcos’altro, che alludono a qualcos’altro, che
fremono di qualcos’altro? Questa domanda è simile a quella scolpita da Franco Del Zotto Odorico
sulla scala che conclude il programma iconografico della nostra chiesa.» (Del Zotto, 2008, p. 6). La
scala, come detto, viene ad abbracciare l’albero e a definire la soglia, segnata dalla vasca
battesimale, da cui prendono avvio le celebrazioni liturgiche domenicali, i riti battesimali nonché le
celebrazioni della Settimana Santa: “Agli albori della nostra vita, noi siamo stati celebrati nel nome
del Padre, del Figlio e della Spirito Santo…»
Rispetto ad altri simboli forti e assiali presenti nella sala assembleare, la scala sembra emanare una
voce più discreta, misteriosa, che solo con un’attenzione e uno scavo più approfondito si possono
cogliere. Al contempo essa trascende nettamente la banalità del funzionale aprendo alla meraviglia,
all’inedito, ad una visione “dall’alto” che si protende verso l’Albero, verso il Crocifissorisorto, verso
l’Assemblea riunita, colta come insieme, come “tutto”, come voce avvolgente e piena. Dunque la
scala viene a completare, a racchiudere, a proiettare oltre verso quel “Sospeso Silenzio” musicato dal
M° Roberto Bonati ed eseguito in occasione dell’inaugurazione (17.02.2008).
Collocazione
Nella chiesa grande a sinistra dell’entrata della Sala assembleare. Dà l’accesso al soppalco. Una sua
penisola, a forma di prora di nave, si protende verso l’Albero e il Fonte battesimale creando una
posizione elevata da cui proclamare e cantare in alcuni momenti liturgici forti dell’anno.
Eventi collegati
Valenziano C., De Auro, conferenza del 06.08.1995, riprodotta in Del Zotto Odorico F., a cura, 1996.
Parrocchia della Trasfigurazione, Inaugurazione Albero, simbolo della dedicazione della chiesa, 3
marzo 1996.
Don Pino Setti, Gli Ori della Trasfigurazione, Dal Tempio al Corpo, 25° della Trasfigurazione, 2006.
Parrocchia della Trasfigurazione, Inaugurazione dell’opera-scala “Libertà di Parola” di Franco del
Zotto Odorico, con esecuzione dell’Opera jazz di Roberto Bonati: “Un sospeso sienzio …appunti
dedicati a Pier Paolo Pasolini”, 17 febbraio 2008.
Rizzi A., Quale soglia è per l’uomo d’oggi il fonte battesimale?, Parrocchia della Trasfigurazione, 26
gennaio 2009.
Parrocchia della Trasfigurazione, 30 anni di Trasfigurazione (1981-2011), presentazione opere e
ambienti del 4 marzo 2012.
Fonti e bibliografia
Del Zotto Odorico F., a cura, Gli Ori della Trasfigurazione: L’Albero, Parrocchia della Trasfigurazione,
Parma (scritti di F. Bododi, N. Borgo, F. Del Zotto, A. Rizzi, P. Setti, T. Tosolini, C. Valenziano), 1996.
Del Zotto Odorico F., a cura, Libertà di Parola: metamorfosi di una scala, Parrocchia della
Trasfigurazione, Parma (scritti di F. Del Zotto, V. Fedrigo, M. Lazzarato, P. Meneghetti, P. Setti), 2008.
Heidegger M., Sentieri interrotti, La Nuova Italia, Firenze, 1968.
Heidegger M., L'origine dell'opera d'arte, Marinotti, Milano, 2000.
Hillesum E., Diario 1941-1943, Adelphi, 1985.
Hillesum E., Lettere 1942-1943, Adelphi, 1990.
Meneghetti P., Albero della Trasfigurazione, http://www.francodelzotto.it/2017/11/14/albero-della-
trasfigurazione-2006/
Sito di Franco Del Zotto Odorico: http://www.francodelzotto.it/
Parrocchia della Trasfigurazione, Un albero per celebrare-Una scala per celebrare, s.d. (interventi di
P. Setti, F. Del Zotto, T. Tosolini, G. G. Rotelli, S. Reggiani, F. Franceschi, alcuni parrocchiani).
Parrocchia della Trasfigurazione, Pubblicazioni autoprodotte.