XXXII domenica TO – B
1 Re 17, 10-16; Eb 9, 24-28; Mc 12, 38-44
DUE SPICCIOLI
Che cosa guarda Gesù? Su che cosa si posa il su sguardo? Che cosa, tra le tante realtà che segnano la storia degli uomini e delle donne, attira la sua attenzione? Certo gli interessi di Gesù appaiono molto lontani dai nostri: il nostro sguardo è spesso attratto da ciò che fanno i grandi, i potenti… Gesù invece si interessa di ciò che fa una povera vedova.
Il Vangelo di Marco oggi ritrae Gesù che va a sedersi di fronte al luogo nel quale si deponevano le offerte per il tempio. Gesù si siede e “osserva”, dice il vangelo. Osservando, vede che molti ricchi vanno e gettano nel tesoro del tempio grandi somme di denaro, ma ad un certo punto si presenta a Gesù una scena che lo tocca in modo particolare: una vedova povera si reca al tesoro e getta due spiccioli, una somma di denaro con la quale si poteva comprare circa 100 gr di pane. Da questa scena Gesù trae spunto per un insegnamento ai suoi discepoli sul cuore del Vangelo, che oggi è un insegnamento per noi: «In verità vi dico: questa povera vedova ha gettato più di tutti quelli che hanno gettato denaro nel tesoro. Tutti, hanno dato del loro superfluo; ma essa ha gettato tutto ciò che aveva» (Mc 12, 43-44).
In questa scena, posta a conclusione delle controversia di Gesù a Gerusalemme (cf. prima parte del vangelo di oggi), viene presentato un “modello”, questa povera vedova che nel tesoro getta tutto quanto aveva per vivere. Qui si nasconde il segreto della vita secondo Gesù e il segreto del rapporto autentico con Dio. Il Dio di Gesù non è un Dio che si compiace di “prestazioni”, ma un Dio che si compiace di una “vita” vissuta nella “verità”. Gli scribi, gli uomini religiosi, amano passeggiare in lunghe vesti, apparire ai primi posti, fingere di fare lunghe preghiere… tutte cose che dicono “apparenza”. La “povera vedova” fa una cosa sola, ma in quella cosa è tutta se stessa che si dona, quei due spiccioli diventano il “sacramento” di una vita vissuta nella serietà, una vita “spesa” nell’amore, nel dono di sé.
In fondo questa “povera vedova” vive nella sua semplicità ciò che vivrà Gesù stesso quando “getterà” la sua vita nella morte di croce e la getterà tutta, amando i suoi fino alla fine…, cioè gettando nel “tesoro del tempio”, vero culto gradito a Dio, non il “superfluo”, ma tutta la sua vita. Non a caso la tradizione ha letto la morte di Gesù e poi la morte dei martiri come un “sacrificio”, un sacrificio di lode nel quale si esprime in pienezza il dono della vita.
Ma questa “povera vedova” posta da Gesù come modello della religiosità autentica ci dice un’altra cosa: essa è un “evangelo” per la vita di ogni uomo e ogni donna. In lei infatti si manifesta che anche chi ha solamente “due spiccioli” può seguire fino in fondo Gesù nella via del dono totale di sé, che è la via della vita. La vita la si può donare anche con “due spiccioli”, la si può invece trattenere gelosamente per sè “gettando” tanto denaro. Ma «chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; e chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà» (Mc 8,35).
Ecco ciò che attira lo sguardo di Gesù. Gesù è attratto da chi prende la vita sul serio: non dai prepotenti che cercano unicamente di imporsi, ma da chi con finezza, bellezza e semplicità getta tutta la sua esistenza in ciò che fa e vive. È questo il metro di Dio per misurare la storia, è questo che attira il suo sguardo, è questo ciò che rimarrà per sempre
Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli