Trasfigurazione Parma











II DOMENICA - B


At 4,32-35; Sal 117; 1 Gv 5,1-6; Gv 20,19-31







Introduzione

La II Domenica di Pasqua in tutti i cicli liturgici è caratterizzata dai racconti giovannei delle apparizioni del risorto a Gerusalemme la sera del primo giorno dopo il sabato e otto giorni dopo. Al centro di questa domenica c’è la figura di Tommaso e la sua professione di fede. Le altre letture variano per ogni ciclo liturgico. Nell’anno B come prima lettura troviamo un sommario tratto dagli Atti degli Apostoli – sarà il libro biblico che ci accompagnerà come prima lettura in tutto il tempo pasquale – che tratteggia le caratteristiche della vita della prima comunità cristiana (At 4,32-35); la seconda lettura dalla Prima Lettera di Giovanni ci permette di applicare il brano evangelico alla vita di fede e all’esperienza del singolo credente.



Commento

Il brano evangelico in questa domenica è obbligato, siamo otto giorni dopo la risurrezione del Signore, nell’Ottava di Pasqua, e il brano evangelico di Giovanni ci narra proprio ciò che accadde otto giorni dopo il primo giorno dopo il sabato. Si parla di due apparizioni del Risorto: la prima, il primo giorno dopo il sabato, la seconda, otto giorni dopo. Due quadri, l’uno accanto all’altro, che fanno emergere elementi comuni e differenze, che, insieme, concorrono a mettere in evidenza il significato fondamentale del brano. L’elemento comune principale è il tempo: siamo sempre nel giorno della risurrezione del Signore. Il secondo elemento che accomuna le due apparizioni del Risorto sta nel fatto che avvenga mentre i discepoli sono radunati insieme nello stesso luogo. La differenza principale tra le due è invece una assenza. È di fondamentale importanza, per la comprensione del testo, che la sera del giorno stesso della risurrezione di Gesù uno dei discepoli non si trovasse insieme agli altri per incontrare il Signore risorto.
La sera di Pasqua il Signore risorto era apparso ai discepoli ed era rimasto in mezzo a loro. Il Signore aveva mostrato loro le mani e i fianchi, facendo vedere i segni della sua passione. Da quella visione era nata la gioia, che è un dono pasquale che deve risplendere sul volto di tutti coloro che hanno incontrato il Signore. Il Risorto poi li aveva inviati, definendo la loro missione come la continuazione della missione che lui stesso, Gesù, aveva ricevuto dal Padre.
Quando Tommaso ritorna nel gruppo degli Undici otto giorni dopo e sente la loro testimonianza non chiede di fare cose straordinarie, né di avere privilegi. Egli desidera solamente fare la stessa esperienza dei suoi compagni ai quali il Signore risorto aveva mostrato i segni della sua passione. Tommaso, l’assente, non chiede altro di poter sperimentare la stessa gioia che hanno vissuto i discepoli presenti la sera del giorno della risurrezione. Egli, con questa sua pretesa, permette ad ogni credente di ogni tempo di riconoscersi in lui: ogni credente infatti non vuole fare altro che giungere ad incontrare il Risorto e a riconoscerlo nei segni della sua vita donata.
Otto giorni dopo, Gesù viene di nuovo e sta in mezzo ai discepoli nuovamente radunati. Quella sera dell’ottavo giorno anche Tommaso, l’assente, è presente e Gesù gli permette di fare la stessa esperienza dei suoi compagni: vedere e toccare i segni della sua passione. Anche Tommaso può essere nella gioia perché ha visto i segni dell’amore di Dio per lui. Per questo anche Tommaso può giungere a fare la sua personale professione di fede: «mio Signore e mio Dio!».
Nel discepolo che era assente la sera della risurrezione del Signore tutti noi ci possiamo riconoscere. Gli elementi comuni e la differenza tra le due apparizioni del Risorto rendono il racconto come una «mistagogia» del senso dell’eucaristia domenicale per la vita delle comunità cristiane. Infatti ogni domenica - «otto giorni dopo» - quando i discepoli sono riuniti in uno stesso luogo nel giorno della risurrezione è possibile incontrare il Risorto e porre le proprie mani nelle sue piaghe, nei segni della sua passione, giungendo alla sua personale professione di fede: «Mio Signore e mio Dio».
Nella prima lettura (At 4,32-35) troviamo un sommario che descrive alcuni tratti fondamentali delle caratteristiche dalla prima comunità cristiana. Innanzitutto la comunità viene descritta come caratterizzata da «un cuore solo e un’anima sola». Questa profonda comunione, che riguarda il cuore (kardia) e le aspirazioni (psychè), cioè la dimensione interiore della relazione con Dio e ogni altra dimensione della vita umana, ha delle conseguenze concrete all’interno e all’esterno della comunità. All’interno si tratta di una comunità dove si rende testimonianza alla risurrezione e nella quale non ci sono bisognosi, essendo tutto messo in comune. All’esterno la comunità cristiana è caratterizzata dalla buona fama presso tutti. Il brano degli Atti ci aiuta a vedere le conseguenze concrete per la vita interna ed esterna per la comunità dell’esperienza dalla presenza viva del Signore risorto.

Conclusione

Nella seconda domenica di Pasqua la liturgia si sofferma sul mistero della vita del Risorto presente nella quotidianità della vita della Chiesa e che si rende tangibile – si lascia toccare – nel radunarsi domenicale della comunità. La seconda lettura (1 Gv 5,1-6) tocca principalmente il tema della fede nel Signore Gesù, che potrebbe essere un elemento unificante tra tutte le letture bibliche di questa Domenica. La professione di fede di Tommaso, così come quella delle prime comunità cristiane, può essere quella del credente di ogni tempo.



Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli

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