Trasfigurazione Parma











II Domenica del Tempo ordinario – C


Is 62, 1-5; Salmo 95; 1 Cor 12, 4-11; Gv 2, 1-12




La tua terra avrà uno sposo


Introduzione

«Oggi la Chiesa, lavata dalla colpa nel fiume Giordano, si unisce a Cristo, suo Sposo, accorrono i magi con doni alle nozze regali e l'acqua cambiata in vino rallegra la mensa, alleluia» (Epifania, Antifona al Ben.) In questa antica antifona della liturgia dell’Epifania possiamo trovare il motivo per cui in questa domenica la liturgia propone la lettura del brano delle nozze di Cana tratto dal Vangelo di Giovanni (cf. OLM 105: «nella II domenica del Tempo Ordinario il Vangelo si riferisce ancora alla manifestazione del Signore, celebrata nella solennità dell'Epifania»). I tre eventi della manifestazione del Signore – visita dei magi, battesimo e nozze di Cana – che erano celebrati tutti insieme nella solennità dell’Epifania vengono oggi ripresi in tre celebrazioni distinte cronologicamente, ma profondamente unite tra loro: l’Epifania, la domenica del Battesimo del Signore e la II domenica del Tempo ordinario (in particolare nel ciclo C). Siamo quindi per la liturgia ancora in un momento di passaggio tra la celebrazione della manifestazione del Signore, propria del tempo di Natale-Epifania, e l’inizio del Tempo ordinario.
Se questo è lo sfondo sul quale si colloca la liturgia di questa domenica, il tema principale è ancora quello della manifestazione. Oggi, con l’episodio delle nozze di Cana introdotto dalla lettura di Isaia 62, è un particolare aspetto della manifestazione del Signore che viene vissuto dalla Chiesa. Si tratta del compimento di una delle immagini più forti che il Primo Testamento usa per parlare del rapporto di Israele con il suo Dio, quella appunto delle nozze.

Commento

La Prima lettura tratta dal libro del profeta Isaia ci introduce alla comprensione del testo di Giovanni soprattutto attraverso due riferimenti. Il primo al v. 2: «Allora le nazioni vedranno la tua giustizia e tutti i re la tua gloria». Il profeta parla di un tempo in cui la “giustizia” di Gerusalemme si manifesterà a tutti i popoli e la sua salvezza risplenderà come lampada. È un testo che lascia trasparire impazienza e vede ormai prossimo il pieno compimento delle promesse di Dio. Tutti i popoli della terra, rappresentati dai loro re, vedranno splendere la bellezza di Gerusalemme ritornata per dono alla piena alleanza con il suo Dio.
Il secondo elemento di questo testo è il linguaggio sponsale. Sion non sarà più detta l’Abbandonata, ma Sposata. Riceverà dal suo Signore-Marito il nome antico, nome che dice il “tempo ideale” del rapporto di Israele con Dio. Ma nello stesso tempo questo “nome antico” è anche un “nome nuovo”, che sorpassa ogni attesa ed è infinitamente più di un semplice ritorno al passato. È significativo che il testo giochi sul fatto che in ebraico per dire marito e per dire signore si usi un medesimo temine baal. Nel Primo Testamento Baal è anche un “idolo” che si contrappone a JHWH, che è l’unico Signore. Nel nostro testo in fondo si afferma che in questo nuovo tempo che Dio dona al suo popolo egli sarà l’unico Signore-Sposo di Sion e che non ci sarà nessun altro signore oltre a lui. Israele sarà fedele al suo Dio e non avrà altri signori. In tutto questo il clima che si respira è quello della gioia e della festa… come una grande festa di nozze che finalmente sancisce l’unione definitiva tra Dio e il suo popolo: un’unione di cui gioiranno tutti i popoli della terra. Il testo ci parla del compimento atteso in un momento della travagliata relazione di Israele con il suo Dio. Una storia di fedeltà e di infedeltà. Un’alleanza che ha conosciuto momenti di crisi profonda, ma poi sempre rinnovata e mai revocata (Rm 11,29: i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!).
Il brano di Giovanni ci presenta una festa di nozze un po’ strana. Sembra quasi si parli solo degli invitati! Ma dove sono i veri protagonisti di una festa di nozze: lo sposo e la sposa? Lo sposo fa una brevissima comparsa, la sposa è totalmente assente, o almeno così sembra, dal testo del Vangelo di Giovanni. In realtà se leggiamo bene il testo i protagonisti non mancano, ma anzi sono centrali: basta scoprirli. Chi è la sposa? La sposa è Sion-Israele rappresentata dalla madre di Gesù, della quale il testo ci dice che è già alla festa, quando arriva Gesù l’invitato. La madre di Gesù è chiamata donna, termine che in greco indica certo la donna in genere, ma soprattutto la «donna sposata». La madre di Gesù rappresenta nel racconto la Sposa, il popolo di Israele che nella Bibbia è raffigurato attraverso l’immagine della Sposa di YHWH. Il nostro testo allora, lo comprendiamo subito, intende parlare del rapporto tra Dio e il suo popolo, ma anche tra Dio e l’umanità. Ci vuole dire che con la venuta di Gesù questa storia travagliata, fatta di fedeltà e di infedeltà, di slanci e di cadute… giunge ad una svolta decisiva.
Ma chi è lo sposo? È Gesù? Nel testo non si dice. Gesù appare come un invitato alle nozze, non come lo sposo. Nel testo lo sposo c’è! Fa una fugace ma centrale apparizione. Il “maestro di tavola” infatti lo chiama e gli dice: «Ognuno offre da principio il vino buono e, quando si è brilli, quello meno buono. Tu, invece, hai conservato il vino buono fino a questo momento». Lo sposo è Dio stesso al quale il popolo/sposa si rivolge con stupore, perché si accorge con meraviglia dei doni che egli ha conservato per l’amata fino alla fine. E questo dono è Gesù stesso… in lui avviene il compimento. In bocca al “direttore di tavola” viene posta la proclamazione che in Gesù, colui la cui Parola ha trasformato in vino l’acqua delle giare, «Dio, dopo aver a lungo atteso, ha esaudito il desiderio profondo di Israele» (X. Leon-Dufour).
Un altro elemento importante è l’acqua delle giare di pietra per la purificazione dei giudei. Anche questo è un elemento che rimanda all’alleanza di Dio con il suo popolo. Ciò che ora avviene di straordinario, non rinnega l’antico: la Parola di Gesù non cancella l’Antica alleanza, ma le permette di avere il colore intenso del vino, il suo sapore, di spandere il suo profumo… Dio opera meraviglie ma a partire dalla storia d’amore con il suo popolo.
Le giare non sono giare comuni per la conservazione del cibo, ma servono per contenere l’acqua per la purificazione rituale dei giudei. Inoltre solo dopo che i sevi hanno obbedito – seguendo le parole della Madre-Sposa – l’acqua diviene vino. Con la sua obbedienza alla Parola Israele ha collaborato all’opera del Messia.
Qui non si parla di un fatto concluso: «il brano narra un fatto che inizia e che non cesserà mai più: si prolunga lungo tutta la vita della Chiesa nella quale si potrà attingere e gustare il frutto dell’acqua e della Parola» (X. Leon-Dufour). Le giare sono di pietra, materiale destinato a durare nel tempo. Non sono né otri di pelle, né anfore di terra cotta. Da questa fonte gli uomini di ogni tempo potranno sempre attingere dell’acqua trasformata in vino dalla Parola.
In questo testo in modo molto chiaro viene proclamata l’unità del disegno salvifico di Dio e l’unità dell’alleanza. Ci sono tappe differenti nella storia della salvezza ma unica è l’alleanza che Dio stringe con l’umanità. Nel simbolo dell’acqua divenuta vino è l’intera storia della salvezza che viene rappresentata come un’unica storia. L’acqua rimanda al dono della creazione, all’alleanza con Noè che Dio stringe con l’intera umanità. Quest’acqua, dono della creazione, viene raccolta da Israele nelle giare di pietra per la purificazione dei giudei: è l’alleanza con Abramo e con Mosè. Quest’acqua raccolta da Israele diviene a sua volta nell’ora di Gesù una “nuova Alleanza” (Ger 31,31-34) che Dio definitivamente stringe con Israele e anche con l’intera umanità.


conclusione

Questi sono solo alcuni dei tratti che si possono scoprire nella festa di nozze di cui ci parla Giovanni, descrivendoci così il “principio” dei segni che Gesù compirà. In fondo nel segno di Cana potremmo vedere il senso più profondo di tutto il ministero di Gesù, venuto a stabilire una relazione definitiva tra Dio e l’umanità, che è annunciata con il linguaggio simbolico della festa per eccellenza, la festa di nozze!
Nella esistenza dei credenti il dono di Dio che ha fatto rinascere la gioia alle nozze di Cana è lo Spirito Santo, che è il principio che crea l’unità tra tutti i diversi doni (carismi) presenti nella vita della Chiesa (II lettura). È questo l’annuncio che troviamo nel testo della Prima Lettera ai Corinzi.





Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli

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