FAMIGLIA: PUNTO DI FORZA IN TEMPO DI COVID
Il valore fondamentale dei legami familiari
Il Consiglio pastorale della nostra Parrocchia, su proposta di don Enrico, ha deciso di mantenere la
celebrazione “Non c’è domenica senza famiglia”, una delle quattro ”domeniche maggiori” che, assieme alle
altre solennità liturgiche, caratterizzano da molti anni il “calendario” della nostra comunità parrocchiale.
Purtroppo, per le note ragioni legate al Covid-19, non ci potrà essere la messa unica (e nemmeno il
rinfresco finale): ma si confermerà in tutta la sua pregnanza e bellezza il ricordo di tutte le famiglie e la
consegna delle “pietre della Trasfigurazione” alle coppie che hanno raggiunto il 25° e il 50° di matrimonio,
assieme ad altre che desiderano festeggiare altri anniversari.
Seppure con le regole di sicurezza potremo quindi anche quest’anno applaudire le nostre sorelle e fratelli
che hanno compiuto un importante cammino insieme, “nella gioia e nel dolore, nella salute e nella
malattia”.
Non si può però negare che questa celebrazione cada in un momento molto particolare, quello della
spaventosa pandemia in parte passata ma ancora in parte in corso; festeggiare le nostre famiglie in questo
frangente ci porta a riflettere sull’importanza dei legami familiari – nelle singole famiglie, tra genitori
anziani e figli adulti, tra nonni e i nipoti, tra parenti – emersa in modo evidente proprio durante questi
terribili mesi.
Diciamo subito che la pandemia ha fatto anche peggiorare o esplodere situazioni di crisi: come se la
malattia fisica avesse esacerbato malattie relazionali già esistenti o magari latenti. E non possiamo certo
tacere i molti, troppi episodi di violenza di uomini contro le donne che si sono purtroppo intensificati
proprio nella situazione di forzato isolamento: tema che merita tutta la nostra attenzione ed impegno.
Riconosciuto con obiettività tutto questo e la tragicità di quanto è accaduto, sarebbe sbagliato non rilevare
come tante, tantissime famiglie si siano ritrovate a dover affrontare un “nemico” comune facendo leva sulla
solidarietà, la comprensione reciproca, la pazienza, la necessità di mediare e di ri-negoziare, spazi, tempi,
comportamenti; come i legami familiari siano stati una grande risorsa e come la loro eventuale “perdita” –
temporanea in caso di malattia, definitiva su questa terra in caso di morte – sia stata vissuta, giustamente,
con grande sofferenza proprio in ragione del loro valore. Ci torneremo su più avanti.
Provo a riassumere alcune impressioni, senza pretese, semplicemente osservando la realtà dal mio
personale e sicuramente soggettivo punto di vista.
- Per alcune famiglie interamente “chiuse a casa”, i cui i genitori hanno lavorato a distanza, è stato
necessario ridefinire spazi, tempi, luoghi, abbassare e adeguare esigenze e pretese, imporsi
maggiore calma, capacità di mediazione dei conflitti, capacità di accoglienza reciproca, stabilire
priorità. Non sempre ciò si è verificato, ovviamente, ma complessivamente le famiglie si sono
dovute misurare con queste esigenze senza nemmeno avere avuto il tempo di pensarci su. La
famiglia è un soggetto sociale capace di enorme flessibilità, generosità e – si direbbe oggi –
“resilienza”. Sarebbe importante fare tesoro di tutto questo anche per il futuro e raccontarlo ai
nostri giovani.
- I ragazzi che hanno avuto uno o entrambi i genitori in “smart working” hanno potuto capire di più il
lavoro che essi svolgono, entrare nel “mondo adulto” tante volte a loro sconosciuto. Hanno potuto
vedere, almeno in parte, cosa fa il papà ma anche – si consenta – quanto è brava la mamma nel suo
lavoro: anche questo è un passaggio da non sottovalutare. Noi adulti spesso non raccontiamo
quello che facciamo al lavoro, eppure è un’attività fondamentale della nostra vita e dei nostri
familiari… Altri ragazzi hanno visto i genitori impegnati fuori casa, magari proprio nelle professioni
più indispensabili e/o più a rischio in questo momento: avranno potuto così capire che non si vive
solo per se stessi… Chissà se ci sarà stato modo di rielaborare assieme questa esperienza così
drammatica, così particolare, che ha “costretto” spesso a mettere in luce i valori più essenziali e più
veri…
- I genitori - a causa delle lezioni o comunque dei contatti a distanza tra scuole ed alunni/e - hanno
potuto vedere come funziona la scuola “nel quotidiano” o almeno come si rapportano bambini e
ragazzi con i loro insegnanti: anche questo è un fatto inedito, che ha fatto capire, credo, tante cose:
altro tema su cui sarebbe importante parlare assieme in famiglia dopo che, si spera, una certa
normalità viene recuperata col ritorno a scuola. Del resto, anche gli insegnanti sono “entrati” nelle
case dei loro alunni tramite i dispostivi tecnologici. Che tutto questo stimoli a rinnovare e rafforzare
l’alleanza educativa tra scuola e famiglie!
- Naturalmente, molto complicato per padri e madri è stato gestire il rapporto educativo con
bambini e ragazzi, specie i più piccoli, nei mesi della “chiusura totale”: non mi soffermo su questo
tema, molto ampio e complesso, ma sono certo che ci siano riflessioni importanti che ogni genitore
e ogni coppia potrebbe ricavare da questa difficile esperienza. Le stesse coppie, a parte quelle che
purtroppo hanno visto peggiorare i loro rapporti, potrebbero – con calma – rielaborare come
hanno vissuto il loro rapporto e come si è evoluto in positivo o in negativo in questi mesi.
- In molti hanno tragicamente perso i loro cari e, come purtroppo sappiamo, con un distacco
disumano, senza poterli nemmeno salutare nel momento del passaggio. Nell’immenso dolore che
ognuno ha provato, nell’esprimerlo agli altri o magari davanti a una telecamera, si è palesato
quanto quel rapporto – quel legame, appunto – fosse importante, fondamentale, al di là degli
aspetti belli o meno belli di quella vita e di quello stesso rapporto; come a ribadire che pur
costituendo ciascuno un’identità propria, originale, irripetibile, non si possa prescindere da quel
legame affettivo: “era mio padre”, “era mia madre”, “mio figlio, mia figlia”… “mio fratello o sorella,
mia moglie, mio marito…mio/mia parente… mio amico/amica….” E nel dire ciò, si supera quella
“categorizzazione” che rischia di renderci anonimi “utenti”: l’anziano, il malato, il giovane… No,
quella persona era importante, indipendentemente da quella che è stata la sua vita, e non solo per
la sua stessa dignità personale, ma per i legami, le relazioni che aveva stabilito e che vengono,
almeno a livello fisico, a spezzarsi con la morte. Ma nel manifestare il dolore di questo spezzarsi, c’è
anche il riconoscimento del valore di tali legami e, quindi, del loro permanere oltre il distacco. Il che
è dato di fede, consolante, per chi crede nella Resurrezione; ma assume in qualche modo un
significato anche per chi non crede.
- E non si può non aprire qui, solo con un accenno, alle modalità con cui si mantengono (o meno…) i
legami con chi è ricoverato in strutture per anziani… col rischio che si perda quella “familiarità” di
rapporti interpersonali che invece dovrebbe rimanere anche in queste situazioni. I nostri cari non
devono essere abbandonati!
- E che dire dei nonni? Figure spesso fondamentali nella vita delle famiglie, improvvisamente
staccati, in primis per la loro sicurezza, dai rapporti con figli e nipoti, collegati al telefono o con
dispositivi digitali; anche in questo caso, quanto la forzata interruzione degli incontri diretti ha
confermato l’importanza di queste relazioni!
- Infine – ma non certo ultimo – l’aspetto spirituale e formativo: con la forzata assenza dalla
partecipazione fisica alla messa, le famiglie cristiane in qualche modo hanno vissuto la domenica o
altri momenti in modo diverso – seguendo la messa in streaming o in televisione, magari
recuperando momenti di preghiera a cui – ammettiamolo – non siamo più molto abituati… Così
come l’attività di catechismo si è dovuta forzatamente “adattare” a questa particolare situazione.
Al di là di come ci si è organizzati e di come si è riusciti a vivere queste dinamiche – sarebbe
interessante e importante confrontarsi anche su questo – quel che qui si intende rilevare è che le
famiglie credenti hanno dovuto misurarsi, assieme, con queste nuove “sfide” e ciò può aver
suscitato anche riflessioni da non disperdere sul senso e sulle caratteristiche della vita di fede, che è
sempre personale e insieme comunitaria. Ci sono poi coppie che si sono sposate durante (e
nonostante la!) pandemia, altre che hanno accompagnato i figli al battesimo o ad altri sacramenti,
in un clima e in condizioni non certo ideali (e che tutti ci auguriamo non si ripetano!) ma forse
riscoprendo nell’emergenza l’essenzialità, la densità di gesti e parole.
Sono solo riflessioni parziali e limitate; tanti punti sarebbero da approfondire e tante altre cose si
potrebbero aggiungere. Sarebbe importante che quello che abbiamo vissuto e stiamo vivendo nelle nostre
famiglie fosse oggetto di riflessione e scambi di opinioni: non per trarre conclusioni semplicistiche, ma per
vivere con consapevolezza e speranza, lasciandoci guidare dai suggerimenti dello Spirito Santo, il presente e
il futuro che ci sono donati.
Sandro Campanini