Trasfigurazione Parma








Invito alla Preghiera

a cura di Marco Ingrosso e Marianna Vescovini



La preghiera è un esercizio di silenzio davanti alla divinità,
non più invocata,
ma presente nel cuore

Giovanni Vannucci


La preghiera è permettere allo Spirito
di venire in aiuto alla nostra debolezza,
perché nemmeno sappiamo
cosa sia conveniente domandare

Luigi Verdi





In un documento da poco uscito i vescovi italiani scrivono: “Questo tempo difficile, che porta i segni profondi delle ferite ma anche delle guarigioni, vorremmo che fosse soprattutto un tempo di preghiera. A volte potrà avere i connotati dello sfogo: «Fino a quando, Signore…?» (Sal 13). Altre volte d’invocazione della misericordia: «Pietà di me, Signore, sono sfinito, guariscimi, Signore, tremano le mie ossa» (Sal, 6,3). A volte prenderà la via della richiesta per noi stessi, per i nostri cari, per le persone a noi affidate, per quanti sono più esposti e vulnerabili: «Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio» (Sal 16,1). Altre volte, davanti al mistero della morte che tocca tanti fratelli e tante sorelle e i loro familiari, diventerà una professione di fede: «Tu sei la risurrezione e la vita. Chi crede in te, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in te, non morirà in eterno» (Gv 11,25-26). Altre, ancora, ritroverà la confidenza di sempre: «Signore, mia forza e mia difesa, mio rifugio nel giorno della tribolazione» (Ger 16,19).” (Messaggio alle comunità cristiane in tempo di pandemia, 22 nov. 2020).
Anche nella nostra Comunità abbiamo sentito l’esigenza di creare uno spazio che invitasse alla preghiera personale e di piccolo gruppo, specie in un tempo come quello presente che ci mette alla prova e in cui chiediamo la forza di resistere, di salvarci e proteggere i nostri cari. La preghiera caratterizza gli uomini di ogni epoca e di ogni spiritualità (e quindi ospiteremo anche preghiere non cristiane), ma essa, come sappiamo, è per noi intimamente legata alla vita e all’insegnamento di Gesù (dal deserto al Calvario). Per questo è valida anche per noi la richiesta degli Apostoli: “Signore, insegnaci a pregare” (Lc 11,1). Il tempo della preghiera può essere un tempo di vicinanza col “Padre”, ma anche di fraternità (“nostro”), che supera distanze fisiche e sociali; un tempo di cammino e di ricerca, di affidamento e di speranza. Accettiamo quindi l’invito di Gesù: “Venite, voi tutti affaticati e oppressi, io vi darò ristoro” (Mt 11,28) e fermiamoci per un breve momento per stare con Lui!
Ogni settimana le proposte di preghiera cambieranno, ma sarà sempre possibile rintracciare quelle delle settimane precedenti. Ci affideremo a voci poetiche della nostra epoca, ma anche a credenti di ogni epoca il cui canto risuona ancora cristallino anche per noi!






Settimana dal 26 settembre al 2 ottobre
(a cura di M.I.)


Preghiera

Cosa domandano
questi giorni amari
alla mia vita consunta
in agonie interminabili?
Dammi mani di creatura
per invocare la pace.
Toglimi la misura incatenata
e grazia dona
che respiri nel numero
aperto di tua luce.
Il carcere muto di mia carne
libera come d’impeti abissali.
Nutri perdono
nel cibo quotidiano.


Alberto Melucci, Giorni e Cose, 2000



Magari fratelli

Parliamoci
come parenti lontani,
come cugini almeno
o magari fratelli.
Guardiamoci
negli occhi senza inganno
per cercare quale di noi
è mancato per primo
all’appello.
Di modeste ragioni
per l’assenza
abbiamo agende strapiene
consunti calendari
chiamate a vuoto
su liste interminate.
Dei torti poi
i contabili
non hanno perso traccia
tenaci inquisitori
mastini di memoria
che non cancella
l’odore del sangue
una volta versato
e per sempre.
L’odio è un ospite ingrato
ma non c’è
chi non gli abbia
aperto la porta.
I ricordi stanno
come fuochi della veglia
per sentinelle insonni
e la paura assegna a ciascuno
il suo turno
di guardia armata
a fortezze di sabbia.
Così siamo
guardinghi ambasciatori
destinati a convegno
su quest’unica terra.
Solo parole abbiamo
per trovarci
e d’amore il filo
che resiste.


Alberto Melucci, Mongolfiere, 2002


Lascia entrare

Lascia che grazia
si diffonda sulle cose
non serrare la porta.
Datti all’ora assolata
e al cielo cupo
senza riserva.
Fai del mare
il tuo acquario
e della notte
una coperta
per il tempo del riposo.
Sciogli nella bellezza
anche l’ultima fibra
e alla pura meraviglia
arrendi della mente
i labirinti.
Semplice è l’atto
che dura e non consuma
nella buia domanda del mondo
stare con misura.


Alberto Melucci, Mongolfiere, 2002








La scorsa settimana siamo entrati in punta di piedi nell’intimità dei pensieri di Alberto Melucci. Dopo questa prima scoperta, continuiamo a seguirlo per un breve tratto ascoltandolo in queste tre composizioni. La prima si apre con una domanda: «Cosa chiedono questi giorni di agonia?» a cui seguono quattro invocazioni: dammi mani di creatura per invocare la pace, donami grazia per respirare la tua luce, libera la mia carne, nutri perdono nel cibo quotidiano. Nel dolore acuto, l’orante ha la forza e la saggezza di chiedere lo spirito di pace, di luce, di liberazione, di perdono. Una pienezza dell’umano che si manifesta nella debolezza estrema. Dove ci aspetteremmo solo timore e disperazione, troviamo pepite d’oro (come Alberto dice altrove) che ci lasciano stupefatti e ammirati!
La seconda composizione parla della fatica di essere fratelli. Oltre vent’anni fa, ben prima dell’enciclica di Papa Francesco (“Fratelli tutti”) e delle acute riflessioni di E. Morin (“La fraternità, perché?”), Melucci di ammonisce sui rancori e odi interminabili a cui non sappiamo rinunciare.
Eppure abbiamo solo le parole e i fili dell’amore per reincontrarci! Il terzo canto è significativamente titolato: «Lascia entrare». Cosa? La grazia ossia, come visto sopra, lo spirito che si diffonde sulle cose. Permetti alla bellezza di avvolgerti, arrenditi alla meraviglia. Non potremo risolvere le eterne domande sul male, ci ricorda il poeta, ma sapremo abitare con misura nelle buie convulsioni del mondo!