La preghiera è un esercizio di silenzio
davanti alla divinità,
non più invocata,
ma presente nel cuore
Giovanni Vannucci
La preghiera è permettere allo Spirito
di venire in aiuto alla nostra debolezza,
perché nemmeno sappiamo
cosa sia conveniente domandare
Luigi Verdi
In un documento da poco uscito i vescovi italiani scrivono: “Questo tempo difficile, che
porta i segni profondi delle ferite ma anche delle guarigioni, vorremmo che fosse soprattutto
un tempo di preghiera. A volte potrà avere i connotati dello sfogo: «Fino a quando,
Signore…?» (Sal 13). Altre volte d’invocazione della misericordia: «Pietà di me, Signore,
sono sfinito, guariscimi, Signore, tremano le mie ossa» (Sal, 6,3). A volte prenderà la via
della richiesta per noi stessi, per i nostri cari, per le persone a noi affidate, per quanti sono
più esposti e vulnerabili: «Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio» (Sal 16,1). Altre volte, davanti al
mistero della morte che tocca tanti fratelli e tante sorelle e i loro familiari, diventerà una
professione di fede: «Tu sei la risurrezione e la vita. Chi crede in te, anche se muore, vivrà;
chiunque vive e crede in te, non morirà in eterno» (Gv 11,25-26). Altre, ancora, ritroverà la
confidenza di sempre: «Signore, mia forza e mia difesa, mio rifugio nel giorno della
tribolazione» (Ger 16,19).” (Messaggio alle comunità cristiane in tempo di pandemia, 22 nov.
2020).
Anche nella nostra Comunità abbiamo sentito l’esigenza di creare uno spazio che
invitasse alla preghiera personale e di piccolo gruppo, specie in un tempo come quello
presente che ci mette alla prova e in cui chiediamo la forza di resistere, di salvarci e
proteggere i nostri cari. La preghiera caratterizza gli uomini di ogni epoca e di ogni spiritualità
(e quindi ospiteremo anche preghiere non cristiane), ma essa, come sappiamo, è per noi
intimamente legata alla vita e all’insegnamento di Gesù (dal deserto al Calvario). Per questo
è valida anche per noi la richiesta degli Apostoli: “Signore, insegnaci a pregare” (Lc 11,1).
Il tempo della preghiera può essere un tempo di vicinanza col “Padre”, ma anche di fraternità
(“nostro”), che supera distanze fisiche e sociali; un tempo di cammino e di ricerca, di
affidamento e di speranza. Accettiamo quindi l’invito di Gesù: “Venite, voi tutti affaticati e
oppressi, io vi darò ristoro” (Mt 11,28) e fermiamoci per un breve momento per stare con
Lui!
Ogni settimana le proposte di preghiera cambieranno, ma sarà sempre possibile
rintracciare quelle delle settimane precedenti. Ci affideremo a voci poetiche della nostra
epoca, ma anche a credenti di ogni epoca il cui canto risuona ancora cristallino anche per
noi!
Tu sei il Signore dell’autunno. Proprio perché sei il Dio di tutti i tempi e di tutte le
stagioni, ciascuna può prenderti per sé e sentirti come suo.
Tu sei il Signore dell’autunno: del sole che affoga dolcemente nella nebbia, dei
contorni che sfumano, delle foglie che cadono e fanno, in terra, un tappeto, per i
passi dei vecchi. Tu sei il Signore dei vecchi e di tutte le cose che declinano perché sei
il Signore dei giovani e di tutte le cose che rinascono.
Sei il Dio del granello che marcisce e, sotto la neve, attende il sole di marzo, di aprile,
di maggio, attende il verde e l’oro e il dente duro della macina; e presagisce la farina
morbida, la fragranza del forno, la letizia delle mense. Tutto questo è l’autunno; tu
sei il Dio di tutto questo.
L’autunno è una breve primavera, prima del gran riposo. La terra torna verde, prima
del grigio della nebbia, prima del bianco della neve. In questo rapido sorriso d’erbe e
di fiori tu ti affacci, tra nuvola e nuvola, e benedici il verde, e benedici la stanchezza.
Non benedici la morte perché la morte vive, al di sotto del gelo, e testimonia la
resurrezione. Tu benedici solo il sonno, questo languore, questo sopore, quest’oblio
che sta tra vita e vita e che noi chiamiamo morte. Tu non benedici la morte: benedici
la tregua della vita, che concede respiro e riposo.
Il sole ci aveva sfiancati, resi febbrosi; ora la nebbia ci placa, ci fa rientrare in noi. Le
finestre aperte son come finestre chiuse, non offrono visioni ma solo tende di grigio.
È tempo di chiuderle e riscoprire la casa.
Tu sei il Dio della casa, che abita in ogni stanza, ci viene incontro da ogni porta, da
ogni corridoio, da ogni scala. Ci insegni che, per trovarti, non occorre fare chilometri:
basta sedersi e attenderti che tu sei lì. Dappertutto sei lì. E la casa si dilata a misura
del mondo, si fa presagio della vita eterna: il luogo del rifugio e del riposo: il luogo
dell’incontro con te.
Tutti i luoghi sono il luogo dell’incontro; e proprio perché sei il Dio di tutti i luoghi
ciascuno può prenderti per sé e può sentirti come suo. Tu sei il Dio della casa, del
fuoco acceso, delle castagne calde; della pioggia che scende e piange sopra ai vetri.
Autunno di silenzio ritrovato, di concentrazione densa, di solitudine calda, di
meditazione, di preghiera, di te.
Ogni tempo è tempo di preghiera; e proprio per questo la preghiera abita ovunque e
sente ogni casa come la propria casa.
L’autunno è tempo di preghiera, di ascolto, di lenta e faticosa attesa di te.
E tu vieni furtivo. Non conosci le teofanie grandiose dell’inverno, coi cori d’Angeli
sulla capanna di Betlemme, della primavera, con le glorie pasquali, dell’estate, con i
fulgori dello Spirito. L’autunno è il tempo dell’avvento, dell’incubazione, della terra
che copre il suo segreto; e il grano che sta sotto non si vede.
L’autunno è il tempo della fede: del credere ciò che non è ancora, del credere che
sarà, che fiorirà, che darà frutti.
L’autunno è tempo di raccolta, ma di una seminagione lontana; ed è tempo di
semina, per un lontano raccolto. È il tempo di gettar via piangendo, come dicono i
salmi, per poi raccogliere in letizia. Ma il pianto d’autunno è un pianto dolce e
consolato, una tenera malinconia che sfuma con le nebbie mattutine, incontro a un
sole pallido che illumina senza accecare e bacia senza ardere.
Autunno di frutti caduti, autunno di foglie secche, autunno di nebbie grigie, autunno
tuo: del tuo passaggio silenzioso, del tuo amore paziente, della tua attesa lunga.
Dacci l’amore paziente e la pazienza tenace, l’ascolto attento e l’attesa vigilante:
dacci, Signore, la fede e la speranza dell’incontro con te.