La poesia è un grido dell’anima che giunge dritto al cielo.
Riscalda i cuori raggelati dal dolore.
Rassicura le menti offuscate dal dubbio.
Liberatori, in questo crepuscolo
d'America, nella oscurità
spopolata della mattina,
vi consegno la lista infinita
dei miei popoli, la gioia
d’ogni ora della lotta.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Avete visto
nelle sere l’oscura spelonca
del fratello?
Avete attraversato
la sua vita tenebrosa?
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Raccogliete dalle terre il palpito
confuso del dolore, le solitudini,
il grano dei poderi dilaniati:
qualcosa nasce sotto le bandiere:
la voce antica di nuovo ci chiama.
Calate alle radici minerali,
e alle cime del metallo deserto,
toccate la lotta dell’uomo in terra,
attraverso il martirio che rovina le
le mani destinate alla luce.
Non rinunciate al giorno che v’offrono
i morti che lottarono. Ogni spiga
nasce da un chicco affidato alla terra,
e, come il grano, il popolo infinito
unisce radici, accumula spighe,
e in mezzo alla tormenta scatenata
sale alla chiarità dell’universo.
P. Neruda (da CANTO GENERALE – Accademia Sansoni Editori – Milano – 1970).